Fausta Squatriti

Lago proibito
ed. Il ragazzo innocuo
2005
(poesia inedita e acquaforte originale dell'autrice - stampato tipograficamente a mano in 47 esemplari numerati e firmati)
Rimangono troppe sbavature.
Credere al canto sebbene
cortocircuito d'ore
al soldo di secondi
nel tempo dei tempi
dove soltanto
per minuzia s'acclara
esistenza
di villaggi scuole focolari orti
inzuppati d'innaturali radiazioni
untura scientifica
scarica energia:
trent'anni di luce all'unisono
dei tanti megatoni
nel cratere fattosi lago.
S'abbeverano le mandrie.
Dio Morte chiude l'occhio sballando energia: l'ordine è cancellato
dalla mappa genetica.
Fausta Squatriti
Crampi
collana Le Onde
ed. Abramo, 2006
Crampi di Fausta Squatriti è un romanzo ellittico, bislungo, insoluto anche quando arriva a fine. Una storia minima e sempre rimandata. A partire dall’intenzione narrativa dall’artefice. Chi scrive sa di evitare lo specchio concavo della propria individuazione (che è ridotta a una sorta di fantasma, a risonanza di figure fratte e derealizzate), e perciò sceglie di essere narratrice in terza persona. Interviene nel suo racconto quasi per caso, come fosse di passaggio. Evita il sé, si muove dentro lo spazio delle sue pagine come un testimone che divaga e indulge. In questo romanzo in cui l’io resta celato, si descrive bene degli altri. Figure in cui ci si rispecchia senza volontà, per forza di un rimpallo, come di fronte a caminiere di negozio, vetrine che rifrangono segni, figure, astanti che attraversano un’inquadratura. Frammenti di esteriorità restano per qualche istante inscritti e fotografati in un ambito di transitoria oggettività, segnati uno a uno e catalogati. Poi scompaiono dalla visione, come riassorbiti dal nulla.
Mauro F. Minervino
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AUDACISSIMA



E non sono pazzi
Poesie 2004-2005
ed. Quaderni di Orfeo
2005
Riassunti in polvere
da forno
pastella di sangue
prato di cenci
orologi anelli denti
e altri metalli
separati dai corpi
svettano ancora
catasta d'olocausto.
Assolo d'urla
per ordine e colpi
copre pianto
di voci azzerate
mentre nel campo
del mondo
ancora si sdotrina
elogio d'ordine
e progetto.
E non erano pazzi.
Fausta Squatriti
Filo a piombo
Poesie 2004-2009
ed. Tracce, 2010
Parlare della poesia o dei romanzi di Squatriti non può essere un modo letterario, una funzione (semplice per pura convenzione) del linguaggio: per lei anche le parole sono materia, o materiale da costruzione. Appena evocate, diventano subito disegno, quadro, scultura. Sono un modo rapido per dire senza ambagi cose che scottano, cose che si vorrebbero espunte dalla vita. Funzionano, altrimenti, come un fotografico "fermo immagine" e diventano, senza che ce ne accorgiamo, un gesto o un documento che ha a che fare con l'essere che siamo. Ma non un monumento, tutt'altro: l'artista sembra piuttosto tendere la mano a noi che leggiamo, per guidarci e farci capire come e quanto anche noi si sia coinvolti, spaesati, in un mondo ("questo" mondo) che non vogliamo così, che non abbiamo voluto in questa forma. Ma che, nostro malgrado, ci sommerge, ci vince.
Gilberto Finzi

Vietato entrare
Poesie 2010-2012
con intervalli scriptici
di Grazia Varisco
ed. La Vita Felice, 2013
Vietato entrare è una raccolta tragicamente immersa nella contemporaneità,
ci può colpire allo stesso modo dei dati e delle cronache drammatiche che ci giungono continuamente dai media l’opera poetica di Squatriti ha sempre teso a rovesciare la percezione del lettore dallo stato di assopimento e di autoassoluzione: qui si riferisce con specifiche dediche a fatti realmente accaduti.
Questa raccolta entra come una lama di coltello all’interno dei fenomeni, osserva, separa ed espone contrapponendole le due parti della contraddizione. La politica, la storia contemporanea sembrano essere guidate da un criterio di disuguaglianza e sfruttamento che investe ogni fenomeno sociale: i grandi movimenti migratori, lo sviluppo, la fede, la medicina, gli aiuti umanitari.
[...] la tematica centrale della disuguaglianza mantiene l’autrice in un alveo tematico proprio della cosiddetta poesia civile, intendendo questa definizione come poesia di denuncia, dello scavo sotto la superficie pacificante del quotidiano borghese, del pensiero unico convenzionale.
Luigi Cannillo